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I diritti delle donne nella storia

Diritti delle donne: un cammino ancora lungo

Lungo la strada di una società in cui l’uguaglianza tra i sessi sia reale ed efficace, ci sono molte persone che combattono per i diritti delle donne e che dedicano le loro vite a rivendicarne l’affermazione e il loro esercizio in tutto il mondo.

I progressi per soddisfare i diritti delle donne e i risultati ottenuti sono innegabili, ma non bisogna dimenticare che, ancora oggi nel XXI secolo, i diritti delle donne vengono violati tutti i giorni, in tutto il mondo. All’interno del panorama delle disuguaglianze, le disuguaglianze sulle donne hanno il tasso più alto: le donne sono più povere, meno istruite e hanno salari più bassi rispetto agli uomini. Le donne, non solo subiscono discriminazioni salariali o di accesso alle opportunità sociali e politiche a causa del loro sesso, in alcuni casi e in alcuni paesi, questa condizione è aggravata dalla discriminazione razziale, come nel caso delle donne di origine africane in America Latina.

In Somalia, le donne non hanno né voce né voto o diritti in quanto esseri umani. In Arabia Saudita, una donna può essere esclusa dall’asse ereditario e deve avere un tutore per poter compiere anche scelte basilari e personali come un intervento chirurgico. Dal 2015 però hanno conquistato il diritto al voto e nel 2017 hanno fatto un altro passo in avanti nella lotta per la parità dei generi ottenendo di poter studiare e trovarsi un lavoro senza il consenso del “wari”. In Iraq, l’affermazione del Califfato ha fatto precipitare le conquiste ottenute dalle donne per la loro emancipazione, rigettandole in un clima medievale di continue violazioni di diritti in cui, per esempio, bambine di 9 anni sono già concesse in sposa. La sconfitta dell’Isis, nei fatti, non ha migliorato la situazione, anche se il 25% dei seggi parlamentari alle elezioni del 2018 è andato assegnato a donne.

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In Libano solo nel 2017 è stato (parzialmente) abolito il matrimonio riparatore che azzerava il reato di stupro per il violentatore, la donna resta sostanzialmente succube dei tribunali religiosi che decidono in materia di matrimonio, separazione, violenza domestica e eredità. In molti paesi, come il Marocco, resta altissimo il tasso di analfabetismo femminile e in molte aree geografiche l’ineguaglianza si traduce in violenze contro la persona e abusi che arrivano fino all’omicidio, e restano impuniti per il solo fatto che la vittima è una donna. A tutt’oggi, in tutto il mondo, circa 46 milioni di persone sono coinvolte nelle reti di schiavitù e di queste sette su dieci sono donne. Una ragazza su tre sul nostro pianeta è costretta a sposarsi contro la propria volontà prima dei 18 anni. Due terzi degli esseri umani che non sanno né leggere né scrivere sono donne. In troppe parti del mondo la donna viene tutt’oggi sottoposta all’infibulazione, la mutilazione genitale femminile che viene praticata come strumento di controllo sessuale.

La storia dei diritti è una storia di conquiste

È del 1948 il momento chiave. Quando ha luogo la prima “Prima convention per i Diritti delle Donne” al Seneca Falls, New York. Indignate dal divieto che impediva alle donne di parlare a una convenzion contro la schiavitù, le nordamericane Elizabeth Cady Stanton e Lucretia Mott riuniscono centinaia di persone per chiedere, diritti civili, sociali, politici e religiosi per le donne in una “Dichiarazione di Sentimenti e Risoluzioni”: “Noi sosteniamo che queste verità sono evidenti: che tutti gli uomini e le donne sono creati uguali”. Il pubblico si faceva beffe del diritto delle donne di votare. Ma un movimento era nato.

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Più che una parola, il femminismo è un movimento che difende l’uguaglianza dei diritti sociali, politici, legali ed economici delle donne rispetto agli uomini. Il suo primo uso documentato risale al 1837 in Francia: il socialista Charles Fourier usa il termine “femminismo” per descrivere la liberazione delle donne in un futuro utopico. All’inizio del 1900, il concetto è associato al suffragio femminile, sebbene in seguito acquisisca un significato di emancipazione più generale. Nello specifico, il “femminismo intersezionale” evidenzia come le donne affrontano diverse forme di discriminazione basate sulla razza, la classe, l’origine etnica, la religione e l’orientamento sessuale.
Nel suo discorso del 1851 “Am I Not Not Woman?”, La femminista americana ed ex schiava Sojourner Truth richiama l’attenzione su come le donne soffrono il maschilismo in modi diversi.

La lista delle firme raccolte per la richiesta del suffragio femminile in Nuova Zelanda è lunga 270 metri. Presentata al Parlamento neozelandese nel 1893 non fu ignorata, e poco dopo, il paese divenne il primo esempio di autogoverno che permetteva alle donne di votare, ispirando suffragisti di tutto il mondo.

Le Giornate internazionali della donna: un giorno per le donne

La “Prima Giornata Internazionale della Donna” (1911) ha riunito oltre un milione di persone in Austria, Danimarca, Germania e Svizzera a favore del diritto di voto e del diritto al lavoro delle donne. Oggi è celebrato ogni anno l’8 marzo. Nei suoi inizi, la commemorazione funge da protesta contro la prima guerra mondiale. In Russia, una grande manifestazione guidata dalle donne richiedeva “pane e pace!”. Quattro giorni dopo, lo Zar abdicò. Attualmente, questa giornata è una festa nazionale russa, e alcuni storici ritengono che l’episodio sia stato la scintilla della rivoluzione russa.

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La “Giornata Internazionale della Donna” viene celebrata dall’ONU per la prima volta l’8 marzo 1975: l’organismo internazionale assume con ciò l’impegno di sviluppare un progetto per l’eliminazione della discriminazione contro le donne e la ricerca della loro integrazione. Ciò ha segnato una pietra miliare nella storia della lotta delle donne per affermare i propri diritti, poiché da allora il problema dell’emancipazione delle donne è diventato parte del programma delle Nazioni Unite.

La violenza di genere

La violenza di genere è il nuovo muro che si staglia contro le donne. È qui che appare lo slogan “Ni Una Menos”, creato dalla poetessa messicana Susana Chávez Castillo, assassinata nel 2011 per aver denunciato i crimini contro le donne nel suo paese. Su questo tema più di 150 mila persone si sono riunite nel Congresso Nazionale Argentino il 3 giugno 2015 per lanciare un grido di allarme sul numero di femminicidi e violenza di genere (che include stalking, molestie e stupri) subiti dalle donne. È una nuova richiesta di giustizia che cerca nuove leggi per garantire la sicurezza delle donne che si diffonde rapidamente in tutto il mondo.